L'edificio che ospita la sede del Servizio è situato in una zona tra le più interessanti della città, sia con riferimento alla Roma antica che al nuovo assetto assunto dalla capitale dopo il 1870.
La conformazione urbanistica e la toponomastica del luogo riflettono l'intento riorganizzativo e celebrativo della "Roma umbertina".
L'attuale via Giovanni Lanza, dal nome del primo Presidente del Consiglio quando la capitale passò da Firenze a Roma, fu aperta nel 1885, pressoché contestualmente a via Cavour (già via Graziosa), destinata a collegare l'Esquilino a piazza Venezia e intitolata all'"artefice dell'unità d'Italia". Col nuovo impianto viario ed edilizio venne demolita gran parte del popolare quartiere della Suburra e modificata l'altimetria della zona che, specie nel tratto di via Cavour, risulta rialzata rispetto al livello originario, corrispondente all'odierna piazza della Suburra.
Lo sdoppiamento tra le due arterie ricalca un'antica e complessa struttura stradale incentrata sull'asse dell'Argileto ("Argiletum") che, attraversata parte della "Subura", si suddivideva tra il "vicus Patricius" (corrispondente a via Urbana, parallela a via Cavour) e il "clivus Suburanus" (attuale via in Selci).
Fin dalla Roma antica la depressa e insalubre Suburra, vera e propria valle compresa tra i colli del Viminale e dell'Oppio, era nota come quartiere popolare e malfamato, dove si concentravano modeste abitazioni e taverne, disposte secondo un irregolare e tortuoso impianto viario.
Nel popoloso quartiere ebbe dimora Giulio Cesare ed è documentata presenza di antichissimi culti orientali.
Solo nell'età di Augusto la zona venne inserita nei programmi della Roma monumentale: sulle pendici del "Fagutal", propaggine occidentale del colle Oppio, nell'area compresa tra via delle Sette Sale e via in Selci, fu eretto il primo grande edificio di uso pubblico, il portico di Livia (15 a.C.), dedicato alla moglie di Augusto.
Consisteva in una grande (120 x 95 m.) piazza rettangolare circondata da un doppio colonnato, con fontane agli angoli e un altare al centro; mediante una scalea, uno dei lati era collegato al "clivus Suburanus".
Alla sommità di questa arteria, in prossimità dello sbocco tra via in Selci e piazza S. Martino ai Monti, si trovava una fontana di Orfeo, ricordata in un epigramma di Marziale.
Gli interventi urbanistici del secolo scorso hanno consentito di ampliare la nostra conoscenza della zona in epoca romana.
In corrispondenza dell'angolo nord-est della chiesa di S. Martino ai Monti sono stati rinvenuti i resti di un edificio privato con "larario" (edicola con statue di divinità domestiche), mentre nella zona sottostante, tramite due rampe di scale, si accedeva a un "mitreo" (cella sotterranea di origine orientale, adibita al culto di Mitra Tauroctono).
Nello stesso complesso Rodolfo Lanciani, prezioso testimone e studioso dei resti archeologici rinvenuti nel corso dei grandi lavori edilizi di fine Ottocento, ha individuato l'esistenza di un locale adibito a biblioteca.
Un tempio dedicato a Giunone Lucina, protettrice delle partorienti, sorgeva, inoltre, nei pressi della chiesa di San Francesco di Paola, all'angolo formato dall'attuale via Lanza e da via in Selci.
Infine, al n. 8 di via S. Martino ai Monti sono stati scoperti i resti di un'ara con iscrizione, che fungeva da base di un'edicola di crocicchio, dove era collocata una statua donata da Augusto.
Di tutt'altro tenore ci appaiono, al confronto, gli interventi monumentali del vicino colle Oppio, prospiciente al "clivus Suburanus" su cui è stato ricalcato il tracciato di via Lanza.
Questo settore risultava incluso nella parte orientale della regione dell'Esquilino, occupata da una necropoli di età arcaica e repubblicana.
Su iniziativa di Mecenate, il potente "ministro" di Augusto, si procedette al risanamento della zona, che venne destinata all'edificazione di ville e giardini privati, e solo con gli imperatori Flavi verrà restituita al godimento pubblico.
La più nota e grandiosa di queste dimore fu senz'altro la "Domus Aurea", costruita da Nerone dopo l'incendio del 64 in sostituzione della "Domus Transitoria" (che collegava i possedimenti imperiali del Palatino a quelli dell'Esquilino, includendo i Giardini di Mecenate). La parte settentrionale della residenza, posta in prossimità del portico di Livia, verrà presto inglobata (e forse riadattata) dalle monumentali Terme di Traiano, i cui resti sono tuttora visibili nel parco di colle Oppio (tra cui la grandiosa cisterna delle terme, detta delle Sette Sale).
Una tangibile testimonianza del tempo passato è offerta dalla stessa zona in cui si snoda via Lanza, dove alcune interessanti vestigia, seppure isolate e riferibili a epoche diverse, documentano una continuità di vita oltremodo suggestiva.
La chiesa di S. Martino ai Monti, sul lato esterno orientale corrispondente a via Equizia, poggia su un basamento costruito in blocchi di tufo, provenienti da un tratto demolito delle antiche Mura Serviane (IV sec. a.C.). Nei sotterranei della chiesa, che ha subìto un radicale rimodernamento alla metà del Seicento, si trovano importanti ruderi identificati col "titulus Equitii", casa privata adibita al culto dei primi cristiani (III sec. d.C.). Nella piazza, le due torri dei Capocci e dei Cantarelli ci riportano all'epoca medioevale, mentre, proseguendo per via in Selci, si giunge al monastero di S. Lucia (n. 82), con l'annessa chiesa interna. Anticamente (V sec.) detta "in Orphea" dalla vicina fontana di Orfeo, e poi "in silice" dai grossi selci della strada, la chiesa fu ricostruita dal Carlo Maderno agli inizi del XVII secolo e restaurata dal Bernini. A fianco del portale d'ingresso, l'imponente fabbricato in mattoni ingloba una fondazione più antica, ritenuta del V secolo, di cui sono tuttora visibili cinque aperture, delimitate da una serie di pilastri in travertino e sormontate da archi di scarico.
La via in Selci termina con la chiesa dei SS. Gioacchino e Anna e l'annesso ex monastero delle Paolotte, edificato alla metà del Settecento.
All'epoca romana ci riconducono i resti murari conservati nei sotterranei del palazzo di via Lanza, nei locali oggi occupati dalla Biblioteca del Servizio.
Si tratta di un sito pluristratificato, frutto di distinti interventi che si sono sovrapposti nel tempo. Le strutture murarie, recanti alcuni inserti in pietra, documentano sistemi costruttivi riferibili a epoche diverse.
Il nucleo cementizio risulta rivestito da una cortina di pietra tagliata irregolarmente ("opus incertum", in uso dal II sec. a.C.) oppure da un paramento in tegole fratte disposte orizzontalmente ("opus latericium" o "testaceum"), tecnica questa diffusa specie in epoca imperiale e qui maggiormente documentata; sussistono anche un frammento di "opus reticolatum" (pietre di forma tronco-piramidale a base quadrata disposte in linee diagonali, formanti una trama a rete) e alcuni esempi dell'antica "opus quadratum" (struttura in blocchi regolari di forma parallelepipeda) e di "opera listata" ("opus vittatum"), con fasce orizzontali alternate di mattoni e di blocchetti parallelepipedi di tufo (IV sec. d.C.).
La presenza di alcune cavità, veri e propri fori sulla superficie muraria, indicherebbe l'esistenza di lastre marmoree di rivestimento, che venivano fissate mediante un chiodo metallico e che sono state successivamente asportate per essere riutilizzate.
L'esiguità e la frammentarietà dei resti ne ostacolano l'identificazione, trattandosi evidentemente di edifici distinti, per epoca e per destinazione.
Sollecitano la nostra attenzione, in particolare, una piccola nicchia, forse adibita al culto domestico, un frammento di mosaico pavimentale e un blocco di travertino, che potrebbe rappresentare la soglia di una bottega.
L'inclusione della zona di via Lanza nella popolare Suburra, prevalentemente destinata all'edilizia privata, non comporta necessariamente l'ipotesi di modeste costruzioni. Ci troviamo, infatti, a una altimetria relativamente maggiore, e pertanto più salubre, rispetto alla valle della Suburra, nonché contigui alle pendici del "Fagutal" e agli interventi monumentali del colle Oppio.
Proprio nei sotterranei della chiesa di S. Pietro in Vincoli, che corrisponde alla sommità del "Fagutal", negli anni Cinquanta sono stati rinvenuti resti di "domus" aristocratiche di età repubblicana, mentre nei pressi del monastero delle Paolotte di via in Selci, alla fine del Settecento fu ritrovato un prezioso corredo nuziale del IV secolo.
D'altronde la stessa ricchezza di interventi che caratterizza il vicino complesso di S. Martino ai Monti, oggetto di un ininterrotto processo di ammodernamento nei secoli passati, documenta con evidenza la continuità urbana e l'importanza del sito. E in tale contesto vanno collocati i resti murari conservati nel palazzo di via Lanza, suggestiva testimonianza della presenza umana nella storia plurimillenaria di Roma.
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